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La violenza maschile sulle donne non è una calamità naturale imprevedibile

All’alba del 1° Maggio, ricomicia il conteggio lugubre ed inesorabile dei femminicidi e dei tentati femminicidi. In queste ore una donna ricoverata a Parma con gravissime ferite lotta per sopravvivere e non lasciare orfani quattro bambini minorenni. Il femminicida è morto in un incidente frontale mentre fuggiva dall’abitazione familiare dove aveva lasciato la moglie in un lago di sangue, senza chiedere aiuto o chiamare i soccorsi. Nell’incidente ci sono altri due feriti gravi.

I soccorsi sono stati chiamati dai figli di 6-8 anni, che erano presenti all’aggressione, e hanno chiesto aiuto usando parole semplici “la mamma sta male”. Nessun particolare di questa ennesima vicenda di violenza domestica è casuale. I bambini non hanno detto “papà ha colpito la mamma”, ma hanno usato parole che non nominano il padre, forse ad indicare che certe azioni erano abitudine e non potevano essere messe in discussione.

Accogliamo migliaia di donne all’anno che ci raccontano la spirale della violenza, e chiunque tratti di violenza o scriva di violenza DEVE  conoscerne il funzionamento: ogni aggressione è spesso preceduta da una lite, da tensioni, silenzi, svalutazioni e insulti, ma questi non sono la CAUSA dell’aggressione, ma la MODALITÀ con cui il maltrattante legittima sé stesso nell’uso della violenza fisica. 

Leggiamo in TUTTI gli articoli di cronaca “l’aggressione sembra stata causata da una lite” – desideriamo esprimere con forza che l’aggressione è stata causata dalla relazione di prevaricazione e violenza che l’uomo agiva sulla donna: nessun uomo uccide per una lite, ma uccide nelle fasi di “escalation” tipiche della violenza domestica.

Desideriamo infine portare l’attenzione di tutti e tutte sul COSTO in sofferenze e vite umane che la violenza maschile causa ogni giorno. In un solo giorno le azioni di un uomo hanno mandato in terapia intensiva una donna, altre due persone sono ricoverate, 4 bambini sono orfani di padre e di questi due hanno assistito ad una delle esperienze più traumatiche della vita: vedere il padre che cerca di uccidere la madre con un coltello, una delle modalità più dolorose e crudeli che vi siano per uccidere.

Il fatto che la donna e il suo quasi-assassino fossero di nazionalità tunisina ha determinato o aumentato la probabilità di questa strage? Rispondiamo con forza di NO. 

Le statistiche sui femminicidi ci dicono che la violenza maschile è estremamente democratica e “inclusiva” – vengono ammazzate italiane, straniere, giovani, anziane – donne povere e donne ricche – l’unica cosa in comune è l’essere DONNE.

Nonostante i centri antiviolenza siano attivi in Italia dagli anni ’80, vediamo in questo periodo una regressione anche nel lessico: si torna a parlare di “liti” e “tragedie”, di “disperazione”.

L’unica vera tragedia è continuare a cercare di vuotare l’oceano della violenza maschile con cucchiaini fatti da panchine rosse e cuoricini sui social.

 

Coordinamento regionale Emilia-Romagna