In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle Donne, Linea Rosa, il Centro Antiviolenza che da oltre 32 anni opera sui territori di Ravenna, Cervia e Russi traccia il bilancio della situazione, riportando statistiche e attività svolte.
I numeri parlano da soli e impongono una riflessione collettiva: nei primi 10 mesi del 2023 le donne che si sono rivolte a Linea Rosa sono circa il 15% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Dal 1° gennaio di quest’anno, infatti, sono state accolte 340 ospiti, di cui 332 hanno subito violenza. Di queste, 30 sono state ospitate all’interno di una delle 5 case rifugio a domicilio segreto gestite dall’associazione, insieme ai/alle loro 32 figli/e. Si tratta di bambini e bambine che, in alcuni casi, hanno subito violenza diretta, assistita o talvolta entrambe.
Il lavoro del Centro è un impegno costante e su più fronti. Da una parte il sostegno e l’aiuto alle donne maltrattate rappresenta un atto concreto per uscire dalla violenza nel momento di emergenza. Dall’altra, è data particolare importanza alle attività di sensibilizzazione ed educazione.
“In questi anni abbiamo posto molta attenzione ai simboli che possano testimoniare l’interesse dell’intera comunità al tema della violenza contro le donne”, dichiara la presidente di Linea Rosa Alessandra Bagnara. “Il monumento alle donne vittime di femminicidio in Piazzetta Serra, il mosaico Our Skin in Via Port’Aurea, le mattonelle del progetto “Ravenna città amica donne” e non ultimo le panchine rosse raccontano di una città e di una comunità che si stringe alle donne vittime di violenza e al centro antiviolenza che da 32 anni le sostiene nel percorso di uscita dal maltrattamento.”
Altro aspetto fondamentale è quello della prevenzione, che fa rima con formazione ed educazione. Il centro antiviolenza da anni mira a contrastare stereotipi di genere organizzando attività nelle scuole che comunichino il valore dell’inclusività.
“Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un progressivo allentamento dei confini tra le tradizionali categorie di genere anche se i messaggi diffusi sono spesso profondamente ambivalenti. Nuovi stereotipi e confini minano un’effettiva valorizzazione del genere femminile. Infatti, se una donna è in carriera spesso è considerata perfida e/o non ha successo in amore, se è una bella donna allora non viene presentata come intelligente. I valori dominanti sono bellezza, ricchezza e fama ma riflettono una persistente gerarchia di potere tra i generi”, spiega Bagnara. Ecco perché negli anni sono stati realizzati diversi progetti educativi tra i quali:
- Cellulare ammesso: (confronto istantaneo attraverso WhatsApp) attraverso l’utilizzo dei cellulari gli studenti e le studentesse delle scuole medie superiori hanno avuto la possibilità di porre domande e riflessioni in forma totalmente anonima.
- Il (doppio) gioco degli stereotipi con incontri formativi incentrati sul tema delle immagini stereotipate della donna nella pubblicità.
- Generazione XXY, ovvero un progetto che ha coinvolto le scuole superiori di Ravenna, che prevedeva la suddivisione di gruppi di lavoro di studenti e studentesse coordinati da uno storico, un’antropologa e una psicologa e filmati da un video maker.
- Ichoose game, un progetto formativo per le scuole elementari e medie che affronta il tema degli stereotipi e pregiudizi di genere. Nell’ambito del progetto è stato prodotto un gioco in scatola simile al gioco dell’oca.
- Stay Aware, ultimo in ordine di tempo, pensato sul presupposto che i contenuti social, per essere più efficaci, devono essere realizzati dagli stessi fruitori e che, con una adeguata formazione sul tema specifico, gli studenti e le studentesse delle scuole superiori possano essere straordinari comunicatori, realizzando contenuti di grande impatto allo scopo di scardinare alcuni stereotipi di genere.
“Nonostante l’impegno degli/delle insegnanti, l’efficacia del lavoro con gli studenti e le studentesse dipende ancora troppo dalla volontà individuale degli educatori e delle educatrici. In questo senso crediamo che solo un inserimento nella programmazione scolastica di un piano strutturato di consapevolezza di sé e dell’altro possa dare risultati interessanti nel lungo periodo e preparare i nostri bambini e le nostre bambine ad affrontare le relazioni conoscendo l’importanza della gestione del conflitto. È da qui che pensiamo sia necessario partire ed è questo che continuiamo a fare per contribuire al necessario cambiamento culturale per sconfiggere il patriarcato”, conclude Bagnara.